Tragedie (eBook)

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2015
201 Seiten
Booklassic (Verlag)
978-963-526-468-1 (ISBN)

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Tragedie -  Sofocle
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Sofocle scrisse, secondo la tradizione, ben centoventitré tragedie, di cui ne restano solo sette. I suoi eroi sono immersi in un mondo di contraddizioni insanabili, di conflitti con forze inevitabilmente destinate a travolgerli. Il suo contributo originale allo sviluppo della tragedia greca fu rappresentato dall'accentuazione dell'umanita dei personaggi, che hanno tutti in sé qualcosa di guasto, una tabe fisica e psichica. I personaggi sofoclei sono anche generosi e buoni, ma smisuratamente soli e portati alla tragedia dal male che hanno in sé. Cio nonostante, non appaiono mai schiacciati del tutto dal fato, ma proprio nella vana lotta contro di esso, ricevono una piena dimensione umana, portatrice di un destino di dannazione e, contemporaneamente, di gloria.

Prefazione


Lirica affatto era la tragedia fra i Greci, predominata dalla fatalità, cioè dall'azione immediata degli Dei, che portava inevitabilmente alla colpa ed al castigo; e tutto atteggiavasi in presenza del coro che rappresentava il popolo, e personificava le idee e i sentimenti predominanti nel dramma.

Nella tragedia, le passioni sono poste ad analisi e contrasto, e messe in atto non davanti ad un lettore isolato, ma a popoli raccolti, per la qual cosa richiede maggior accordo fra il poeta ed il pubblico; maggior verità nel ritrarre i tempi e lo sviluppo degli affetti; maggior maestria ed accortezza nel maneggio de' sentimenti.

La tragedia, secondo la volgare opinione, ebbe origine in una festa popolare, in una vendemmia, e prese il nome dalla pelle, come si vuole, d'un capro, piena di vino, la quale si dava in premio a quello che meglio cantava le lodi di Bacco.

Le feste di questo dio che avevano dato origine alla tragedia, svegliarono l'ingegno dei poeti, ma in origine il canto del capro non fu che un tessuto di favole poste in versi e mescolate alle lodi del dio della vendemmia.

Tespi (550 av. C.) sostituì alle favole alcune leggende de' tempi eroici, ma il primo veramente degno del nome di poeta tragico fu Eschilo, il quale, da guerriero divenuto poeta, in vece di raccontare i fatti, li rappresentò, avvivando per mezzo del dialogo le passioni, le opinioni ed i caratteri, facendo uso di due grandi moventi, il terrore e la pietà.

Sofocle suo contemporaneo perfezionò quanto di meglio aveva inventato il genio originalissimo di Eschilo, e per la felice invenzione, la nobile semplicità, la naturalezza de' suoi dialoghi, la gravità delle sentenze e la regolare condotta delle sue favole fu chiamato il tragico Omero e l'ape attica.

Sofocle, figliuolo di Sofilo, nacque nel secondo anno della settantunesima olimpiade, ovvero verso il 495, avanti Cristo, nel demo, comune o villaggio attico di Colono, nelle vicinanze d'Atene, quando Eschilo aveva trent'anni. Fu ammaestrato nella musica da Lampro, nella quale arte e come negli esercizi ginnastici ottenne vittoria fin dall'età giovanile. Scelto alla battaglia di Salamina per la sua avvenenza a capo del coro, danzò, secondo l'usanza de' Greci, al suono della lira, intorno ai trofei riportati sui nemici, e cantò l'inno della vittoria: era allora quindicenne.

Il suo biografo greco dice che Eschilo gli fu maestro in tragedia, ma una tale notizia è contradetta da un passo d'Ateneo, dove Sofocle dice che Eschilo seguì le regole dell'arte sua senza conoscerle. Gli antichi storici e drammatici si piaciono di descrivere l'amicizia di questi due poeti vissuti contemporaneamente come di maestro e discepolo, mentre non se ne ha alcuna prova.

Sofocle alla potenza poetica congiunse il valore delle armi e resse onorevolmente insieme a Pericle e Tucidide gli eserciti greci nella guerra contro gli aristocrati di Samo, i quali, discacciati dalla isola dagli Ateniesi, vi erano tornati e cercavano di indurre i Sami a ribellarsi contro Atene. Venne inoltre investito della prefettura di Samo, e coll'onorevole grado di Arconte della Repubblica.

La prima tragedia che Sofocle offrì alle attiche scene fu probabilmente il Trittolemo, col quale si propose di gareggiare con Eschilo, il più gran drammaturgo del teatro attico, e vinse il premio. Ma il suo nome non è ricordato se non dopo che apparve l'Antigone, e fu allora che gli Ateniesi, riscontrando in quel lavoro la sapienza dell'uomo di Stato, e l'arte d'un capitano, lo posero, come dicemmo, fra gli strategi o comandanti delle milizie contro gli aristocrati di Samo, nella quale città dicesi che venisse a conoscere Erodoto, pel quale scrisse una poesia lirica.

Se dopo quella spedizione, la quale terminò nel 439, Sofocle prendesse parte ancora alla cosa pubblica, non è ben certo; ma parve ch'egli spendesse tutta la sua vita nella sua gloriosa carriera di drammaturgo, nella quale usciva sempre vittorioso.

Sofocle prese due volte moglie: fu la sua prima Nicostrata d'Atene, dalla quale ebbe un figliuolo chiamato Iofonte; la seconda chiamossi Teoride di Sicione che gli diede un figlio chiamato Aristone, il quale a sua volta ebbe un figliuolo chiamato Sofocle, a cui, per distinguerlo dall'avolo, venne aggiunto l'epiteto di juniore. Sofocle amava moltissimo questo suo nipote, ed era opinione che avesse in pensiero di lasciargli gran parte delle sue ricchezze, per la qual cosa Iofonte, pauroso che ne andasse diminuita la sua parte di eredità, accusò il padre di fatuità dinanzi ai membri della fratria, chiedendo che gli fosse tolta la giurisdizione sui propri beni. Allora il poeta per respingere una tale calunnia presentò e lesse ai suoi giudici un magnifico squarcio del suo Edipo a Colono, da lui composto poco tempo prima, e fu la prima parlata dell'intero coro, ai membri della sua fratria, o, per dirla con vocabolo latino, curia, che dovevano esaminarlo. E il risultato di quella lettura fu che venne assolto e gli fu permesso di ritenere il governo delle proprie sostanze, e l'accusatore ebbe la condanna d'insano, mentre il nostro poeta campò novant'anni, e conservò fino all'ultimo il calore del suo genio, avendo scritto il suo capolavoro l'Edipo a Colono solo un anno prima della sua morte, avvenuta nel 406 av. C.

Gli antichi gli attribuirono cento ventitre drammi, ma alcuni sembrano avere appartenuto ai suoi discepoli, e dei cento ventitre, sette soltanto pervennero fino a noi tutti interi e sono tragedie, le quali si contengono nel presente volume, e che s'intitolano: Edipo re, Antigone, Ajace, Le Trachinie, Elettra, Filottete, Edipo a Colono. Delle altre non abbiamo che alcuni frammenti e semplici titoli; venti o ventidue di queste sono drammi satirici nel senso antico del vocabolo.

Con questi suoi drammi Sofocle contese la palma ai maggiori drammaturgi de' suoi tempi, Eschilo, Euripide, Cherilo, Aristia, Iofonte ed altri, e riportò venti volte la prima corona poetica, molte volte la seconda, ma non mai la terza.

Gli antichi considerarono Sofocle come il più perfetto di tutti i poeti drammatici, e veramente giusta fu la loro ammirazione, giacchè le tragedie di Sofocle, per quanto ne possiamo giudicare, vincono in perfezione ogni componimento di simil genere, che sia comparso in Grecia prima di lui, e dalle opere di lui sonosi dedotte in gran parte le stesse tragiche leggi. I suoi caratteri sono tutti nel vero, e destano quelle gentili commozioni che in ogni animo sensibile producono le umane sventure, a differenza dei drammi d'Eschilo che non inspirano se non un religioso terrore.

Fra quelle che ci rimangono le prime tre peccano alquanto per lo stile artificiato e la studiata oscurità, ma le altre quattro vanno esenti anche di tale difetto. La parte lirica, cioè il coro, non occupa il posto eminente che ha in Eschilo, e non partecipa all'azione nello stesso grado, ma è subordinato, e mira a guidare lo spettatore ad assistere a quello che si produce gradatamente nell'animo degli attori. L'azione diveniva così più importante, ed ancor meglio coll'introdurre nella scena tre attori ad un tempo, in vece di due, come praticavasi da prima e col farvi campeggiare le idee morali.

 

Cominciando in ordine cronologico faremo notare che l'Antigone tutta si aggira sul contrasto tra la ragione di Stato, ed i diritti naturali della famiglia, per guisa che il drammaturgo non cessa mai d'insistere sulla innegabile e consolante verità esservi fuori e sopra lo Stato alcun che di santo, che le leggi umane devono rispettare come imperscrittibili; massima che viene proclamata da Antigone con sublimità di sentire nei seguenti versi:

 

Non Giove, no, nè la Giustizia pia

Degli iddii di sotterra eran di quello

Promulgatori; e i bandi tuoi non tanta

Aver forza io stimai, che tu mortale

Superar possa e soprafar de' numi

L'alte, non scritte ed inconcusse leggi.

Queste non d'oggi, e non da jer, ma sempre

Furono e sono; e il quando apparver prima,

Non è chi 'l sappia; ed io del trasgredirle

Per timor d'alcun uomo non dovea.

 

Questa tragedia ebbe in Atene trentadue rappresentazioni di seguito, e il poeta fu ricompensato con la prefettura di Samo.

 

Spicca ancor più l'arte di Sofocle nell'Elettra, incitata ad implacabile odio contro Clitennestra dalla devozione all'immagine sublime dei trafitto genitore Agamennone, dall'orgoglio e dall'impudenza della adultera madre, e dall'insulto di Egisto alla memoria del trucidato rivale. Il poeta non dimentica nondimeno in Clitennestra la madre, e le pone in bocca parole sì dolci di materno affetto, all'annunzio della morte di Oreste, che doveva ucciderla per vendicare il padre, da riconciliarla cogli spettatori inorriditi de' suoi misfatti. — Spargesi d'improvviso nella reggia degli Atridi che Oreste era caduto da un carro nella Focide, che i Focesi ne avevano raccolto il cadavere ed onorato di sepoltura. Il coro del dramma deplora tanta sciagura e il supremo infortunio degli Atridi; il pedagogo, vedendo alla dolorosa notizia smaniosa ed affannata Clitennestra, chiede la cagione di tanto cordoglio in lei, la quale doveva esultare per l'inopinata morte di chi era destinato da Apollo a toglierle la vita, ed ella, memore soltanto di esser madre, risponde:

 

È gran cosa esser madre. Odio a' suoi figli

Portar non può chi male ancor ne tragge.

 

L'argomento dell'Elettra è lo stesso delle Coefore di Eschilo, cioè il riconoscimento dei figli di Agamennone e la vendetta dei medesimi contro gli uccisori del padre. Ma il lavoro di Sofocle supera di molto quello del suo predecessore in...

Erscheint lt. Verlag 29.6.2015
Sprache italienisch
Themenwelt Literatur Lyrik / Dramatik Dramatik / Theater
ISBN-10 963-526-468-2 / 9635264682
ISBN-13 978-963-526-468-1 / 9789635264681
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