Olanda (eBook)

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2015
227 Seiten
Booklassic (Verlag)
978-963-526-780-4 (ISBN)

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Olanda -  Edmondo de Amicis
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Uno dei libri-diari di viaggio scritti da De Amicis, all'estero come inviato militare.

L'Olanda.


Chi guarda per la prima volta una grande carta dell’Olanda, si meraviglia che un paese così fatto possa esistere. A primo aspetto, non si saprebbe dire se ci sia più terra o più acqua, se l’Olanda appartenga più al continente che al mare. Al vedere quelle coste rotte e compresse, quei golfi profondi, quei grandi fiumi che, perduto l’aspetto di fiumi, par che portino al mare nuovi mari; e quel mare che, quasi cangiandosi in fiume, penetra nelle terre e le rompe in arcipelaghi; i laghi, le vaste paludi, i canali che s’incrociano in ogni parte, pare che un paese così screpolato debba da un momento all’altro disgregarsi e sparire. Si direbbe che non possa essere abitato che da castori e da foche, e si pensa che gli abitanti, poichè c’è gente tanto ardita da starvi, non ci debbano dormire coll’anima in pace.

Pensai queste cose la prima volta che guardai una grande carta dell’Olanda, e mi venne il desiderio di sapere qualche cosa intorno alla formazione di questo singolare paese; e siccome quello che ne seppi mi determinò a fare il libro, lo scrivo qui, colla speranza che possa determinare altri a leggerlo.

Di un paese che non si conosce, si suol fare a chi lo vide questa domanda: — Che paese è?

Che paese sia l’Olanda l’hanno detto molti in poche parole.

Napoleone disse ch’è un’alluvione di fiumi francesi, — il Reno, la Schelda e la Mosa, — e con questo pretesto l’aggregò all’Impero. Uno scrittore la definì una sorta di transazione fra la terra e il mare. Un altro, un’immensa crosta di terra che galleggia sulle acque. Altri, un annesso del vecchio continente, la China dell’Europa, la fine della terra e il principio dell’oceano, una smisurata zattera di fango e di sabbia; e Filippo II — il paese più vicino all’inferno.

Ma sur un concetto furon tutti d’accordo, e lo espressero tutti colle stesse parole: — L’Olanda è una conquista dell’uomo sul mare, — è un paese artificiale, — lo fecero gli Olandesi, — esiste perchè gli Olandesi lo conservano, — sparirebbe se gli Olandesi lo abbandonassero.

Per rendersi ragione di questa verità, bisogna raffigurarsi l’Olanda com’era quando andarono ad abitarla le prime tribù germaniche che erravano in cerca di una patria.

L’Olanda era un paese quasi inabitabile. Eran vasti laghi tempestosi, come mari che si toccavano l’un l’altro; paludi accanto a paludi; sterpeti dietro sterpeti; immense foreste di pini, di quercie e d’ontani, percorse da stormi di cavalli indomiti, nelle quali, come dice la tradizione, si sarebbe potuto far delle leghe passando d’albero in albero senza toccare la terra. Le baie profonde portavano fin nel cuore del paese la furia delle tempeste boreali. Alcune provincie sparivano una volta all’anno sotto le acque del mare, ed erano pianure fangose, nè terra nè acqua, sulle quali non si poteva nè camminare nè navigare. I grandi fiumi che non avevano inclinazione bastante per discendere al mare erravano qua e là come incerti della via da seguire e s’addormentavano in grandi stagni fra le sabbie della costa. Era un paese sinistro, corso da venti furiosi, flagellato da pioggie ostinate, velato da una nebbia perpetua, nel quale non s’udiva che il muggito delle onde e le voci delle fiere e degli uccelli marini. I primi popoli che ebbero il coraggio di piantarvi le tende, dovettero innalzare colle proprie mani dei monticciuoli di terra per salvarsi dagli straripamenti dei fiumi e dalle invasioni dell’oceano, e vivere su quelle alture come naufraghi su isole solitarie, scendendo al ritirarsi delle acque per cercare un nutrimento nella pesca e nella caccia, e raccogliere le uova deposte dagli uccelli marini sulle sabbie. Cesare, passando, nominò pel primo quei popoli. Gli altri storici latini parlarono con pietoso rispetto di que’ barbari intrepidi che vivevano su «terre galleggianti» esposti alle intemperie d’un cielo spietato e alle collere del misterioso mare del Nord; e l’immaginazione si compiace a raffigurarsi i soldati romani che dall’alto delle estreme cittadelle dell’impero percosse dalle onde, contemplavano con tristezza e con meraviglia le tribù erranti per quelle terre desolate come una razza maledetta dal cielo.

Ora, se si pensa che una tal regione è diventata uno dei più fertili, dei più ricchi e dei meglio ordinati paesi del mondo, si capisce come sia giusto il dire che l’Olanda è una conquista dell’uomo.

Ma bisogna aggiungere: è una conquista continua.

A spiegare questo fatto, a mostrare come l’esistenza dell’Olanda, malgrado le grandi opere di difesa che gli abitanti vi costrussero, richieda ancora una lotta incessante e piena di pericoli, basta rammentare di volo alcune fra le vicende principali della sua storia fìsica, a partir dal tempo in cui gli abitanti l’avevano già ridotta una terra abitabile.

Le tradizioni parlano già di una grande inondazione della Frisia nel sesto secolo. D’allora in poi, ogni golfo, ogni isola, e si può dir quasi ogni città dell’Olanda ricorda una catastrofe. Da tredici secoli si conta che vi sia seguita una grande inondazione ogni sette anni, oltre le piccole; e perchè il paese è tutto pianura, queste inondazioni furon veri diluvii. Verso la fine del tredicesimo secolo il mare disfece una parte d’una fertile penisola vicino alle foci dell’Ems e distrusse più di trenta villaggi.

Nel corso del medesimo secolo, una serie d’inondazioni marine aprirono un immenso varco nell’Olanda settentrionale, e formarono il Golfo di Zuiderzee, dando la morte a quasi ottantamila persone. Nel 1421 una burrasca fece straripare la Mosa, che seppellì sotto le sue acque, in una notte, settantadue villaggi e centomila abitanti. Nel 1532 il mare ruppe le dighe della Zelanda, distrusse centinaia di villaggi e coprì per sempre un vasto tratto di paese. Nel 1570 una tempesta produsse un’altra inondazione nella Zelanda e nella provincia d’Utrecht, Amsterdam fu invasa dalle acque, in Frisia annegarono ventimila persone. Altre grandi inondazioni avvennero nel secolo diciassettesimo, due spaventose sul principio e sulla fine del decimottavo, una nel 1825 che desolò la Nord-Olanda, la Frisia, l’Over-Yssel e la Gheldria, un’altra grande nel 1855 del Reno, che invase la Gheldria e la provincia d’Utrecht, e coperse gran parte del Brabante settentrionale. Oltre a queste grandi catastrofi, ne seguirono, nei varii secoli, altre innumerevoli, ohe sarebbero famose in altri paesi, e che in Olanda appena si ricordano, come le inondazioni del grande lago di Haarlem, prodotto esso medesimo da un’inondazione del mare; città fiorenti del Golfo di Zuiderzee sparite sotto le acque; le isole della Zelanda a volta a volta coperte dal mare e rilasciate; i villaggi della costa, da Helder fino alle foci della Mosa, di tempo in tempo invasi e rovinati; e in tutte queste inondazioni, eccidii immensi d’uomini e d’animali. Si capisce che miracoli di coraggio, di costanza, d’industria, abbia dovuto fare il popolo Olandese per creare prima, e poi per conservare un simile paese.

Il nemico al quale gli Olandesi dovettero strappare le loro terre, era triplice: il mare, i fiumi, i laghi; gli Olandesi disseccarono i laghi, respinsero il mare e imprigionarono i fiumi.

Per disseccare i laghi si serviron dell’aria. I laghi, le paludi furono circondati di dighe, le dighe di canali, e un esercito di mulini a vento, mettendo in moto delle pompe aspiranti, riversò le acque nei canali, che le condussero ai fiumi ed al mare. Così dei vasti spazii di terra sepolti nell’acqua, videro il sole e si trasformarono come per incanto in fertili campagne, popolate di villaggi e percorse da canali e da strade. Nel secolo decimosettimo, in meno di quarant’anni, furono disseccati ventisei laghi. Sul principio di questo secolo, nella sola Nord-Olanda erano tolti all’acqua più di seimila ettari di terreno; nell’Olanda meridionale, prima del 1844, ventinove mila; in tutta l’Olanda, dal 1500 al 1858, trecento cinquantacinque mila. Colla sostituzione dei mulini a vapore ai mulini a vento si compì in trentanove mesi la grande impresa del prosciugamento del lago di Harlem, che aveva quarantaquattro chilometri di circuito e minacciava con tempeste furiose le città di Haarlem, d’Amsterdam e di Leida. E in questo mentre si sta meditando l’impresa prodigiosa di prosciugare il golfo di Zuiderzee, che abbraccia uno spazio di più di settecento chilometri quadrati.

[p. 7]I fiumi, altro nemico interno dell’Olanda, non costarono meno fatiche e meno sacrifizi. Alcuni, come il Reno, che si perdevano nelle sabbie prima di giungere al mare, dovettero essere incanalati, e difesi dalla marea alla foce con cateratte formidabili; altri, come la Mosa, fiancheggiati da dighe altrettanto potenti che quelle innalzate contro il mare; altri deviati; le acque vagabonde, raccolte; regolato il corso degli affluenti; ripartite le acque con rigorosa misura in vari sensi per mantenere in equilibrio quella enorme massa liquida, della quale un leggero spostamento basta a inabissare provincie intere; e così tutti i fiumi che spandevano anticamente per il paese le loro acque sfrenate e devastatrici, furono disciplinati come ruscelli e costretti a servire.

Ma la lotta più tremenda fu quella combattuta coll’oceano. L’Olanda è in gran parte più bassa del livello del mare: perciò, dappertutto dove la costa non è difesa dalle dune, si dovette difenderla colle dighe. Se questi sterminati baluardi di terra, di legno e di granito non fossero là ad attestare come monumenti il...

Erscheint lt. Verlag 29.6.2015
Sprache italienisch
Themenwelt Sachbuch/Ratgeber
Reisen Reiseberichte
Reisen Reiseführer
ISBN-10 963-526-780-0 / 9635267800
ISBN-13 978-963-526-780-4 / 9789635267804
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